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Il Tamarro. (dov’è finito?)

Volevo scrivere qualcosa sulla pace, sulle questioni internazionali, sull’attuale degrado sociale, politico, economico e morale.

Ma alla fine niente di tutto questo. Il Tamarro ha vinto ancora.

Chi è?Cosa fa?Perchè esiste? Queste sono solo alcune domande che ci poniamo alla vista di un Tamarro (lo chiameremo T2 d’ora in poi, da non confondere con P2 che è un’altra cosa, forse anch’essa tamarra). In ogni caso nel corso degli anni la figura del t2 si è evoluta moltissimo. Io stesso, originario del sud d’Italia, ho notato questo cambiamento. Il t2 originale, viaggia in auto debitamente “tabarrata” con minigonne, assetto ribassato, spoiler esagerati, neon, e impianti hi-fi ultra potenti. I più audaci sfoggiano improbabili adesivi sulla carrozzeria e copri volanti acquistati in qualche autogrill sull’ A14.

Negli anni post boom economico il tamarro di prima generazione è comunque riuscito a sistemarsi e soprattutto ha comprato l’Alfa Romeo, prima vettura orgogliosamente italica prestante a diverse modifiche non da libretto di circolazione. Nei delicati anni di piombo italiani, il tamarro sfreccia beato tra le strade di periferia e di rosso ha solo la sua alfasud. Ignaro di ciò che accade attorno a lui, inizia a sfoggiare luccicanti catenelle d’oro con annesso crocifisso lavorato a mano del peso di chilogrammi cinque, canottiera bianca e pelo selvaggio incontrollato. Capello lungo, se liscio imbrillantinato all’indietro, se riccio imbrillantinato lo stesso. Il tamarro si pone in modo cafone, volgare, fa rumore, gesticola tantissimo, ascolta Nino D’Angelo, Mario Merola e tutta la musica neomelodica napoletana ma è anche un grande innovatore e progressista, infatti tra le sue cassette non mancano i primi successi di discodance provenienti da oltre oceano e sviluppa nuovi approcci verso il gentil sesso.

Ma la consacrazione definitiva avviene più tardi nel 1977 anno d’uscita del film: “La febbre del sabato sera”. Un grandissimi Jhon Travolta sbaraglia la concorrenza a passi di danza, reinventando il modo di camminare, parlare, gesticolare, ammiccare ed il modello “Tamarro” spopola nel Bel Paese come nel resto del mondo. Uno dei primi esempi di globalizzazione pare. Intanto piccoli tamarrini crescono sulle orme dei padri ed arriviamo presto agli anni 80 accompagnati ora da sintetizzatori e tute in acrilico, biglietto da visita del vero t2.

Negli anni 80 però, l’egemonia incontrastata del tamarro si interrompe bruscamente: nascono i Paninari.

Milano, anni 80. Dapprima nelle piazze più importanti della città per poi espandersi in tutta Italia, il paninaro è colui che fa del consumismo il suo credo e della griffe la sua unica ragione di vita. Il paninaro economicamente agiato, veste armani, monclair, cavalli e si contrappone di fatto al tamarro che prova si ad imitarlo, ma non ci riesce. Al paninaro (come al tamarro) non interessa nulla di ciò che accade attorno a lui. Il paninaro si ritrova nei primi fast food e prende il nome dai panini appunto. Grazie ad un successo dei pet shop boys il modello paninaro viene esportato all’estero.

Qui il video:

Tra Paninari e Tamarri nasce una rivalità che si protrarrà nel tempo senza esclusioni di colpi.

Queste due “filosofie di vita” accompagneranno il mondo giovanile anche negli anni novanta periodo di cui il sottoscritto vorrebbe scrivere qualcosa in più, ma davvero non ci riesce. A parte le fiere ecco. Le fiere di paese e le giostre questo conosce degli anni 90 e poco altro escluso qualche gruppo musicale grunge, i mondiali persi in Brasile e qualche serie televisiva come “Beverly Hills 90210” e “Willy, il principe di Bel Air”. Comunque, t2 prova a rinascere con le fiere di paese nel suo habitat naturale: il “pungiball” (vi giuro è scritto cosi) e la canottiera ritorna (o forse non se n’è mai andata) di gran carriera a calcare la scena. Il tamarro ora oltre ai muscoli oliati ed al culto della forma fisica sfodera vistosi tatuaggi, acconciature alla porco spino e occhiali da sole arancioni, blu, rossi, gialli, ma soprattutto tenetevi forte, le ZEPPE. La zeppa come calzatura estrema del tamarro, da combattimento, la versione hard per intenderci ed il tamarro si trasforma cosi in Truzzo.

Il truzzo è un tamarro agguerrito che vuole annientare il paninaro che nel frattempo si è evoluto in fighetto. Intanto anche la musica cambia, la house music comincia ad uscire dalla nicchia e la commerciale spopola nelle discoteche italiane. Gli Eiffel 65, Gigi D’Agostino e simili, ringraziano e producono pezzi tutt’ora riproposti da dj nostalgici e amanti del Trash. Arriviamo cosi ai primi del 2000.

La battaglia continua: il fighetto è diventato fighettino, il tamarro sempre più tamarro (e truzzo)grazie anche a fenomeni cinematografici come “Fast and Furious” che riporta alla ribalta il “tuning” ovvero le modifiche estreme alle automobili. Ma ora tra le sue fila non comprende più solo giovani meridionali di seconda o terza generazione, ma anche ragazzi stranieri. Nord africani, pakistani, rumeni, albanesi ed il “movimento tamarro” diventa uno dei primi movimenti multiculturali del nuovo millennio. Il fighetto invece (che usa la mercedes e la bmw del papi), molto selettivo, inquadra il tamarro nella cerchia degli “sfigati” e questo sarà motivo di scontri a suon di…balli in discoteca.

Nell’evoluzione dei tempi arriviamo velocemente ai giorni nostri. Il tamarro moderato ed il fighetto si uniscono seguendo un corso degli eventi confuso, dove non esistono più nemmeno questi due “gloriosi” modi di essere. Il tamarro duro e puro non esiste più, a parte qualche eccezione che si nasconde in qualche paese della bassa mantovana, o del sud d’Italia. Il VERO tamarro quello che si pettinava il ciuffo all’ingiù e il resto dei capelli sparato in alto, quello con con la canottiera, il brillantino all’orecchio e la camminata da guappo, non c’è più. Potreste vedere in giro qualche scarsa imitazione ma non sarà mai come l’originale. Il tamarro 2.0 è diventato un fighetto, ed il fighetto è diventato un po’ tamarro. La “battaglia” si è spostata sui social tra i “like” di facebook, i “retweet” di Twitter, e i “selfie” di instagram.

Ma i principi sono rimasti gli stessi: apparire in tutto e per tutto, culto della forma fisica, muscoli in tiro sempre e griffe in primo piano.

No, i contenuti come sempre non sono importanti se hai un buon smartphone che fa belle foto.

 

Daniele Gareri

 

 

[ogni riferimento NON é puramente casuale]

 

 

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