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Cronache dal fronte est.

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Sarajevo 2017

Gli ultimi inverni sono stati più freddi del solito.

Nel tardo pomeriggio avete preso il borsone in pelle con vestiti pesanti, qualche ricordo ed una sola foto scattata tempo fa in una località di mare con un canale che attraversa il paese. Ingiallirà nel tempo in mezzo alle parole non dette. Le festività all’orizzonte sono l’ennesimo miraggio che vorreste evitare, la carta da parati colorata che ricopre le crepe sempre più grandi dell’intonaco a tratti ammuffito nelle case abbandonate. Non piove, non nevica, c’è solo molto freddo. Il vento ha ripulito l’aria portandosi via tutto, ma non è il momento della resa e nascosti tra le trincee i sogni che non svaniscono. Uomini e donne bussano alla porta, figure malnutrite chiedono aiuto cercando un appiglio: aprite le porte. Entrano ed escono velocemente, portano via tutto e lasciano in bocca il sapore amaro di un piatto di verdure selvatiche. S’impossessano di quello che possono e scappano -non si sa dove-  dileguandosi nel buio. Questione di secondi. Le mani sono tagliate e le nocche sanguinano, finalmente un po’ di calore. Un calore effimero però, che fa male. Sistemati alcuni libri ingialliti dal tempo, avete tenuto solo gli appunti di viaggio in cui annotate ogni piccolo dettaglio in meticoloso silenzio. Un paesaggio desolato e martoriato dalle bombe di una vita intera. Solchi nella terra e abitazioni in parte crollate. I buchi dei fucili d’assalto sui muri e qualche scarpa spaiata sul ciglio dell’unica strada percorribile. L’alternanza tra il giorno e la notte si fa sempre più sottile, poche ore per dormire. Cappotti in lana scuri, portati come armature: fuori fa freddo. Capelli legati ed occhi grandi, nei lunghi silenzi nessuno si muove. Ci si osserva, ci si studia. Parole accostate l’una accanto all’altra come queste, unite solo da un’immagine chiara ed eloquente. Il grigio dell’inverno con le sue sigarette fumate in fretta mentre in lontananza forti esplosioni ancora e minareti che richiamano i fedeli. La paura si è insinuata nei meandri più nascosti. Chiusi in un guscio di indifferenza ed impassibili ai sentimenti come gioia, amore, felicità, correte sul fronte est. Stop

E poi all’improvviso sul ponte, due ragazzi fanno qualcosa di strano: si prendono per mano, si accarezzano, si abbracciano. Inariditi guardate la scena senza proferire parola. Un rallentamento del tempo improvviso e un rumore strano al centro del petto, come un battito regolare che lentamente riprende. Non si sente più nulla ora a parte qualche eco lontano. Continuano a guardarsi negli occhi i due, ed ora sono più vicini. Non lo faranno davvero – si pensa – gesti cosi rivoluzionari e pericolosi, fermateli! Ma loro sono sempre più vicini e,  con una smorfia sul viso, sussurrano qualcosa. I battiti aumentano tra agitazione ed uno strano calore dentro. I cecchini appostati sui tetti sono pronti a fare fuoco, ipnotizzati però da quegli strani gesti, rimangono immobili. Labbra che si sfiorano piano e si avvicinano, danzando come un walzer sul ponte tra gli echi di morte e dolore che si stanno affievolendo. Ed ora a pochi millimetri, si toccano queste bocche, entrano in contatto. Cercate di capire perché si stringono cosi forte quasi a non lasciarsi andare e nel cercare risposta ricominciate a respirare, riprendendo coscienza, scrollandovi di dosso lo strano torpore in cui siete caduti. Da lontano qualcuno grida – un ba..un Bacio!- e nello stupore generale, il sole rinasce sul desolato fronte est. Stop

-cronache dal fronte est-

Daniele Gareri

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